Sono ormai quattro sedute che il mercato azionario registra una discesa della volatilità, con chiusure assai vicine alle aperture, in un equilibrio che impedisce ai movimenti direzionali di svilupparsi. Da un lato il sentiment rimane positivo, dopo la pubblicazione delle trimestrali del settore bancario US decisamente confortanti, e che fanno pensare che la crisi delle banche regionali sia ormai un lontano ricordo. Dall’altro, il timore che il persistente rialzo del costo del denaro, possa prima o poi causare una recessione che non è detto che sia soft.
Manca evidentemente la benzina per ritornare a vedere delle price action degne di questo nome e, in questo momento, risulta difficile capire quali potrebbero essere gli scenari più probabili. Sappiamo che, prima o poi, i tassi alti andranno a generare degli effetti negativi sugli aggregati, maggiori di quanto non ci si possa attendere oggi, ma è altrettanto vero che già qualche mese orsono si parlava del primo trimestre 2023 come quello che avrebbe evidenziato una recessione, una previsione che è stata smentita dai fatti.
È altrettanto vero che un’inflazione in ribasso sarebbe il viatico per riportare un trend rialzista sull’azionario, a condizione che il Pil rimanga sostenuto. Il rendimento del decennale è sceso negli ultimi giorni al 3.8% mentre la discesa del dollaro è stata più significativa. Se tornasse la correlazione diretta che abbiamo avuto negli ultimi mesi, il mercato ricomincerebbe a ragionare sulle aspettative legate ai tassi e il dollaro potrebbero tornare a salire oppure il rendimento dei titoli di stato potrebbe scendere accompagnando la discesa del biglietto verde.
VALUTE
Anche la volatilità sul mercato dei cambi si è drasticamente ridotta nelle ultime sedute, in correlazione diretta con l’andamento dei listini. Il biglietto verde, contro le principali valute, sta cominciando infatti a “lateralizzare” dopo i minimi fatti registrare la scorsa settimana, e potrebbe rimanere all’interno di fasce di oscillazioni ridotte, in ragione della mancanza di validi motivi per rompere al rialzo o al ribasso i livelli chiave. Siamo infatti in attesa delle prossime decisioni delle banche centrali che, molto probabilmente, mostreranno una politica monetaria ancora restrittiva e poco accomodante, a dispetto di dati che potrebbero peggiorare.
Ma forse, lo ripetiamo da tempo, è quello che i banchieri centrali vogliono, ovvero un soft landing accompagnato da crescita modesta. Se invece l’economia dovesse continuare a crescere, i banchieri sarebbero costretti ad alzare ripetutamente i tassi per evitare che l’inflazione rimanga sopra i livelli di guardia. E ciò provocherebbe prima o poi una caduta degli utili aziendali e quindi l’arrivo di una recessione che potrebbe essere peggiore di quella che i banchieri si attendono. Il Dollar Index ha raggiunto i primi supporti a 100.37 e da quei livelli ha corretto circa l’1%. Per ora i movimenti appaiono lenti e poco strutturali, ma osservando i grafici di lungo termine è ancora presenta una tendenza ribassista che ha come target l’area dei 90 punti.
DATI MACRO
Questa mattina sono usciti i dati inglesi sull’inflazione, che hanno evidenziato dei prezzi al consumo su base annua superiori alle attese, al 10.1% nel dato generale mentre il dato core ha mostrato un +6.2%. Su base mensile c’è stato un +0.8% sul dato generale e un +0.9% sul dato core. Ancora numeri che potrebbero spingere la Boe ad alzare ancora i tassi. Alle 11.00 saranno pubblicati i CPI relativi al Vecchio Continente, un possibile market mover di questa sessione europea. Questa sera verrà pubblicato il Beige Book che potrebbe dare un po’ di volatilità ai mercati. Buona giornata e buon trading.
Saverio Berlinzani
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