Ancora una volta la reazione dei mercati di fronte ai dati americani è apparsa sorprendente. Se analizziamo le price action che si sono succedute in seguito alla pubblicazione dei payrolls venerdì scorso e quella di ieri dopo l’uscita dei dati sui prezzi al consumo la reazione del mercato valutario è stata opposta. Dopo i Nfp, usciti migliori delle attese, il dollaro aveva cercato il recupero nei confronti delle principali valute, sull’onda di un sentiment positivo relativo al fatto che i dati avrebbero allontanato la possibilità di una recessione negli Stati Uniti. Ieri, in seguito ad un leggero calo dell’indice dei prezzi al consumo nel dato generale (il dato core è uscito leggermente superiore) o comunque vicino al consensus, il mercato ha venduto dollari spingendo il biglietto verde sui minimi di periodo contro euro e sterlina. Per contro abbiamo assistito al recupero del dollaro sullo yen, per effetto di un ritorno dell’appetito al rischio.
Poi, in realtà, le borse hanno chiuso in rosso, ma il mercato valutario non ha reagito ricomprando i dollari che aveva venduto. Ad aggiungere incertezza c’è il fatto che le correlazioni sono del tutto saltate. La sensazione è che anche i grandi operatori navighino a vista, giorno per giorno, in base alle dichiarazioni del momento da parte di banchieri centrali o in base ai dati che di volta in volta suscitano sentimenti e reazioni differenti. Le poche costanti che stiamo notando è che mentre gli indici di rischio segnalano un certo appetito (Vix in calo e indice paura e avidità sopra 65) i cross contro Chf (CadChf, NzdChf) continuano a scivolare, come se vivessimo un periodo di rischi significativi.
Si percepisce quindi una tensione latente che non emerge da tanti altri indicatori, ma resta presente in ragione di alcuni movimenti che segnalerebbero l’arrivo di una tempesta. Ed è questa la ragione delle attuali difficoltà nell’analisi dei mercati. Dove dobbiamo posizionarci? In favore del risk off tradizionale? E allora perché non acquistare oltre ai franchi svizzeri anche lo yen? La ragione è che stiamo osservando uno Jpy che si muove random, qualche volta sale in risk on, altre volte in risk off. Insomma, è tutt’altro che facile individuare delle tendenze. E probabilmente occorre ancora del tempo prima che il quadro macro e delle politiche monetarie si chiarisca definitivamente.
Bisogna ricordare che sembra essere in atto una de-dollarizzazione che coinvolge anche le altre valute occidentali, nel senso che i paesi emergenti (i cosiddetti Brics) hanno dichiarato guerra all’occidente accrescendo il peso delle loro valute nei commerci globali. Il Financial times rivela che la percentuale di scambi commerciali che vedono coinvolti lo Yuan è più che raddoppiata dalla guerra in Ucraina, per facilitare il commercio con la Russia. In due anni siamo passati dal 2% al 4.5%. L’euro rappresenta il 6% del totale degli scambi, mentre il dollaro la fa ancora da padrone ma è in calo all’84.3% dall’86.8%.
La giornata di oggi propone la pubblicazione del Pil inglese, la prima stima del primo trimestre 2023, atteso a +0.3% su base annua rispetto al dato invariato del trimestre precedente e la produzione industriale, attesa in calo del 3.7% anno su anno. Ma è anche il giorno dell’inflazione tedesca, attesa al 7.8% sempre su base annuale. Nel pomeriggio ci sanno invece i jobless claims sotto la lente.
Buona giornata e buon trading.
Saverio Berlinzani
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