In un mercato ancora carico di tensione a causa della questione dei dazi, i futures a Wall Street, partiti in gap ribassista all'apertura dei mercati europei, hanno reagito chiudendo in serata in territorio positivo. Il sentiment del mercato è leggermente migliorato grazie al fatto che più di 50 paesi avrebbero la volontà di negoziare con gli USA. Inoltre, le segnalazioni, poi rivelatesi non vere, secondo cui il presidente stesse considerando una pausa di 90 giorni nell'applicazione delle tariffe per tutti i paesi tranne la Cina, hanno contribuito al miglioramento.
In realtà, Trump ha minacciato una nuova tariffa del 50% alla Cina se Pechino non rimuoverà i dazi di ritorsione. Si comincia a parlare di "derivati dei dazi" in gergo finanziario, il che sarebbe comico se non ci fossero turbolenze significative a ogni livello, macro e non. In ogni caso, le price action sembrano cominciare a digerire anche le pessime notizie che arrivano d'oltreoceano, alimentando movimenti erratici ma almeno non in una sola direzione.
VALUTE
Rimane alta la volatilità anche nel nostro mercato. Le coppie più interessanti che coinvolgono il CHF e lo JPY sono sostenute vicino ai massimi, ma non riescono a sfondare, almeno per ora. Qualche spiraglio per una correzione c'è, ma finora si è rivelata assai ridotta. L'EUR/USD è sceso da 1.1040 a 1.0900, ritornando stanotte a 1.0970. La sterlina ha fatto di peggio, cedendo quasi 200 pips e correggendo questa notte.
La valuta britannica resta più debole della moneta unica, orientandosi verso target che, nel medio periodo, potrebbero riportare il Cable a 1.2550 e contro l'Euro a 0.8625, da dove ci aspetteremmo correzioni anche significative. Le valute oceaniche respirano dopo giorni di ribassi impulsivi, a causa del peggioramento dei rapporti tra USA e Cina. Per quanto riguarda il dollaro neozelandese, c'è attesa per la decisione sui tassi della RBNZ, domani, che potrebbe tagliare i tassi al 3.5%.
PETROLIO IN CALO
I future sul greggio WTI hanno invertito i guadagni precedenti e sono scesi a 61 dollari al barile, attestandosi al minimo da aprile 2021, dopo che le speculazioni su una pausa di 90 giorni della nuova politica tariffaria statunitense si sono rivelate false. Preoccupa soprattutto l’elevata volatilità, con timori che l'escalation della guerra commerciale possa frenare la crescita globale e indebolire la domanda di energia.
Ad aumentare l'incertezza, una nuova tariffa del 50% sulle importazioni cinesi se Pechino non riuscirà a revocare i suoi dazi di ritorsione. La scorsa settimana, il WTI ha registrato il suo calo settimanale più importante degli ultimi due anni, in seguito all’aumento del rischio di un rallentamento globale. Nel frattempo, i recenti tagli dei prezzi di Saudi Aramco e l'inaspettato aumento della produzione dell'OPEC+ continuano a pesare sulle prospettive.
TREASURY
Il rendimento del decennale USA è salito di quasi 20 punti base a circa il 4,2% lunedì, rimbalzando dal minimo di 6 mesi poiché i crescenti timori di recessione negli Stati Uniti potrebbero spingere gli investitori a mettere in dubbio la sicurezza dei titoli di Stato come asset rifugio. I dazi statunitensi hanno alimentato le preoccupazioni su una potenziale guerra commerciale globale, poiché altri paesi hanno risposto con misure di ritorsione contro gli Stati Uniti.
Venerdì, la Cina ha risposto con dazi del 34% sui beni americani, mentre l'Unione Europea si è impegnata a introdurre contromisure se i colloqui fallissero. L'aumento del rendimento avviene nonostante siano aumentate le probabilità di taglio dei tassi da parte della Federal Reserve, spinti dalle aspettative di un indebolimento dell'economia.
I future sui fondi federali ora suggeriscono circa il 50% di probabilità di una riduzione del costo del denaro di un quarto di punto nella riunione di maggio e stanno scontando almeno cinque tagli dei tassi nel corso del 2025. Pensate che solo due settimane fa si pensava ad uno o forse due tagli nell’anno.
AUSTRALIA, CALA LA FIDUCIA
L'indice di fiducia dei consumatori del Westpac-Melbourne Institute australiano è sceso del 6,0% mese su mese, attestandosi al minimo di sei mesi di 90,1 ad aprile 2025, invertendo un aumento dello 0,4% nel mese precedente e segnando il primo calo da gennaio.
Le opinioni dei consumatori sulle condizioni economiche per i successivi 12 mesi sono crollate del 5,7% a 90,5 e la loro valutazione per i successivi 5 anni è scesa del 3,0% a 98,4. Le aspettative di disoccupazione sono aumentate del 5,1% a 122,9, al di sotto della media di lungo periodo di 129. I numeri confermano la presenza di un crescente disagio tra le famiglie riguardo alle questioni legate alle "tariffe reciproche" lanciate dal presidente degli Stati Uniti Trump.
Saverio Berlinzani
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