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Mercati: correlazioni instabili

Saverio Berlinzani
April 06, 2023


Le maggiori difficoltà che gli operatori di mercato incontrano in questo periodo sono costituite dall’analisi delle correlazioni intermarket, mai così instabili. Se, fino alla fine del 2022, le correlazioni erano apparse più o meno in equilibrio, anche se poco logiche (di fronte a bad news i mercati azionari salivano e il dollaro scendeva perché si intravedeva la fine del rialzo dei tassi da parte della Fed), nel 2023 questo legame spesso è venuto meno. E abbiamo osservato le borse scendere con il dollaro che talvolta saliva ma anche le borse scendere con il dollaro in discesa. 


Perché questo continuo cambiamento dei legami intermarket che rende i mercati altamente caotici e poco stabili? In primis perché nel 2023 le problematiche che sono sul tavolo, anziché diminuire, sono aumentate, generando maggiore incertezza e indecisione tra gli operatori e investitori. Oltre alla guerra e all’inflazione, da un anno e mezzo a questa parte, si sono aggiunte la crisi bancaria regionale Usa, la questione del possibile contagio con il caso Credit Suisse e ora anche il marcato rallentamento economico che comincia a fare capolino e a dominare la scena.


Questo provoca confusione, con gli investitori che, di volta in volta, considerano questo o quel tema più rilevante dell’altro, andando quindi a spostare gli equilibri di breve termine, senza peraltro avere la capacità e la forza di spostare i prezzi. La liquidità resta alta, ma lo è anche l’indecisione, cosicché le price action sono spesso caotiche e instabili. Dobbiamo capire chi “mente” perché, prima o poi, i classici legami torneranno. Ma questo succederà quando qualche questione di quelle richiamate si sgonfierà, riducendo l’alveo di incertezza e di timore tra gli investitori.


AZIONI E VALUTE

Un azionario che sale, a noi pare un qualcosa di anomalo, in ragione del fatto che i dati macro negativi non possono che deprimere gli utili aziendali ma, ad onor del vero, la liquidità sui mercati rimane elevata, anche per effetto dei sostegni alle banche da parte delle autorità monetarie. Lo switch che ci aspettavamo verso i mercati obbligazionari è in parte avvenuto ma non è stato sufficiente a togliere liquidità all’equity. 


Sui cambi, abbiamo assistito ad un mercato privo di logica con movimenti di risk off accompagnati ad un UsdJpy in discesa, come è logico che fosse, ma alternati con un UsdJpy in ripresa, per via del dollaro visto in talune circostanze come valuta rifugio. In aggiunta, sulle altre valute, i movimenti del biglietto verde sono spesso risultati asincroni rispetto ad un mercato dollaro centrico, che è il mercato teoricamente perfetto nel quale se il dollaro sale contro una valuta, sale teoricamente anche contro le altre valute, sebbene con volatilità differenti.


DATI MACRO

Nelle ultime sessioni tutti i dati americani pubblicati hanno evidenziato un rallentamento preoccupante, che dimostra come il rialzo del costo del denaro persistente e continuativo da parte della Fed, stia cominciando a produrre degli effetti sostanziali. Solo questa settimana sono usciti i Pmi manifatturieri per i principali paesi, decisamente inferiori alle attese e quasi tutti sotto i 50 punti, se si eccettua forse quelli spagnoli e italiani.


Poi abbiamo avuto i prezzi alla produzione, usciti anch’essi inferiori ai consensus, e con essi gli ordinativi all’industria e i jolts openings, deludenti. Poi ieri sono usciti i Pmi composite e dei servizi sotto le aspettative. Insomma, sembra che la recessione sia alle porte e, a tal proposito, i NFP di domani saranno la ciliegina sulla torta. Quale sarà la reazione dei mercati? Non ci resta che aspettare. 

Buona giornata e buon trading. 


Saverio Berlinzani


                  



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