Quella appena trascorsa è stata una settimana particolarmente significativa sotto molti i punti di vista. Anzitutto ci ha raccontato che in Occidente la congiuntura economica è orientata verso una recessione che potrebbe palesarsi con forza il prossimo autunno. E, probabilmente, questo è proprio quello che vogliono i banchieri centrali, vista la loro volontà di sacrificare la congiuntura sull’altare di un’inflazione che rimane ancora troppo alta.
Le banche centrali, almeno per il momento, manterranno un approccio rialzista sui tassi di interesse e non sembrano avere altre vie d’uscita, pena il rischio di trovarsi in una situazione di possibile stagflazione. Tutto questo si riflette sui principali aggregati macro che, nell’ultima settimana, hanno fornito segnali di debolezza. I dati sui PMI sono usciti peggiori delle attese, con il dato dell’intera Eurozona che è sceso sul valore più basso del 2023, a ridosso di quei punti al di sotto dei quali si parlerebbe di recessione.
Il dato è infatti uscito a 50.3, in calo rispetto al 52.8 del mese precedente. Il numero evidenzia un rallentamento dell’espansione del settore privato, con i nuovi ordinativi in flessione per la prima volta negli ultimi 5 mesi mentre l’occupazione ha fatto registrare il minimo degli ultimi 4 mesi. Anche gli omologhi dati inglesi e americani hanno mostrato una flessione con il PMI americano sceso a 53 a giugno, in calo rispetto al 54.3 del mese precedente. L’avversione al rischio sembra quindi aumentare anche se gli indici preposti come il Vix o il ”fear and greed” rimangono ancora in area di risk on.
BORSE E VALUTE
Cominciamo dalla borsa tedesca segnalando la discesa del Dax, con il supporto a 15.740 punti che è messo a rischio. Per quanto riguarda Wall Street segnaliamo un Dow Jones che ha perso il 2% nella settimana mentre gli altri due indici, S&P e Nasdaq, hanno ceduto rispettivamente l’1.8% e il 2%. Non molto ma è un primo segnale di ritorno di una certa tensione. Powell, del resto, con le sue ultime dichiarazioni, ha parlato di almeno due rialzi dei tassi entro la fine dell’anno. Siamo vicini a dei supporti chiave che, se fossero violati, potrebbero portare ad un importante aumento del risk off.
Sulle valute le correlazioni sono tornate parzialmente dollaro centriche, con il biglietto verde che è tornato a premere. L’Euro, dopo una iniziale discesa a 1.0840, è comunque rimbalzato a ridosso di 1.09. Da segnalare il nuovo massimo storico dal 1979 di ChfJpy, che ha superato quota 160. Lo yen rimane un capitolo a parte visto che continua a scivolare, con il cambio UsdJpy che si è portato a ridosso di quota 144 e ha un target attorno a quota 145. Noi crediamo che la discesa troppo rapida non piaccia alle autorità monetarie di Tokyo che presto potrebbero rilasciare qualche dichiarazione al riguardo. La sensazione comunque è che il dollaro, osservando anche il Dollar Index, non abbia finito la propria corsa al rialzo.
DATI MACRO
La settimana si preannuncia interessante in ragione dei numeri relativi al comparto bancario USA, oltre ai dati sui Price consumer expenditure (PCE), ai redditi e alla spesa personale USA. Ma soprattutto, ci sono i dati sugli ordini di beni durevoli, l’ultima lettura del PIL del primo trimestre, i dati redatti dall’Università del Michigan e quelli sul mercato immobiliare. Attenzione poi al discorso di Lagarde al forum delle banche centrali e all’inflazione in Canada e dell’area Euro, oltre ai dati cinesi sui PMI.
Buona settimana e buon trading.
Saverio Berlinzani
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