Accordo sullo shutdown
Finalmente, dopo 41 giorni, lo shutdown negli Stati Uniti è terminato grazie all’approvazione da parte del Senato americano di un accordo che ha posto fine alla paralisi del governo federale.
L’intesa consente la riapertura delle attività governative fino al 30 gennaio 2026 e mira a risolvere le questioni che avevano bloccato l’approvazione del bilancio.
Otto senatori democratici hanno rotto con il partito, rinunciando alla loro richiesta chiave di una proroga garantita dei sussidi Obamacare. La reazione dei mercati azionari statunitensi è stata immediata. I principali indici hanno chiuso in territorio positivo nella prima seduta della settimana.
Il Dow Jones ha registrato un rialzo dello 0,81% a 47.369 punti, mentre l’S&P 500 ha guadagnato l'1,54% a 6.832 punti. Migliore la performance del Nasdaq, che è salito del 2,27% a 23.527 punti.
Valute in trading range
Sul mercato valutario si sono registrate poche oscillazioni, con una price action contenuta entro 40–50 pips sui principali cambi. L’euro-dollaro è rimasto compreso tra 1,1540 e 1,1580, mentre il Cable ha oscillato tra 1,3140 e 1,3190. Il dollaro-yen si è mosso tra 153,90 e 154,40.
È evidente la necessità di un trigger, un evento in grado di rompere l’equilibrio attuale. Questo potrebbe arrivare da decisioni della Federal Reserve o da sviluppi geopolitici. In assenza di novità rilevanti, il trading range dovrebbe proseguire.
Gold in ripresa
L’oro, dopo aver superato il livello segnalato ieri a 4.050, ha raggiunto il target di 4.150, da cui ha poi leggermente ritracciato. Si tratta del massimo delle ultime tre settimane. La crescente incertezza economica negli Stati Uniti ha alimentato le aspettative di un taglio dei tassi da parte della Federal Reserve nel breve termine.
I dati della scorsa settimana hanno evidenziato perdite occupazionali a ottobre, soprattutto nei settori pubblico e retail, mentre la fiducia dei consumatori è scesa ai minimi degli ultimi tre anni e mezzo. Gli operatori stimano una probabilità del 64% di un taglio di 25 punti base da parte della Fed a dicembre. Il governatore Stephen Miran ha addirittura proposto una riduzione di mezzo punto, alla luce del calo dell’inflazione e dell’aumento della disoccupazione.
La riapertura del governo federale potrebbe ridurre la domanda di oro come bene rifugio. Tuttavia, tra le grandi banche, JP Morgan e Goldman Sachs prevedono che l’oro possa superare i 5.000 dollari l’oncia nel 2026, sostenuto dagli acquisti delle banche centrali nei mercati emergenti.
Petrolio
I future sul greggio WTI si sono mantenuti intorno ai 60 dollari al barile, con un andamento laterale in attesa dei principali report del settore. Le preoccupazioni si concentrano su un possibile surplus di offerta globale.
Mercoledì l’OPEC pubblicherà le sue previsioni mensili, insieme al rapporto annuale dell’Agenzia Internazionale per l’Energia. I prezzi del petrolio sono sotto pressione, poiché si prevede che l’offerta globale supererà la domanda. L’OPEC e i suoi alleati, inclusa la Russia, stanno allentando i limiti alla produzione.
Nel frattempo, le compagnie petrolifere russe Rosneft e Lukoil affrontano sanzioni statunitensi legate al conflitto in Ucraina. Lukoil avrebbe aumentato le spedizioni dal giacimento West Qurna 2 in Iraq.
Altrove, il presidente Donald Trump ha dichiarato che un accordo commerciale con l’India è vicino, mentre Nuova Delhi riduce gli acquisti di petrolio russo.
Saverio Berlinzani
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