La scorsa settimana ci ha detto molto circa gli effetti delle decisioni prese dalle principali banche centrali. Anche i dati hanno fatto la loro parte e hanno contribuito ad un aumento della volatilità e dell’appetito al rischio, che ha registrato un’impennata significativa. L’indice Vix è sceso sotto quota 14 mentre il “fear and greed” è salito a 82 punti, in pieno risk on.
Le borse hanno vissuto una settimana di euforia, con il Dax che è salito su nuovi massimi storici mentre i listini USA hanno registrato dei guadagni significativi (circa 500 punti di Dow Jones, 600 punti di Nasdaq e 100 punti di S&P).
Cerchiamo di comprendere quanto è accaduto a partire dal dato sull’inflazione Usa, che ha evidenziato un calo nel numero generale e invariato nella parte core, e ha garantito un nulla di fatto da parte della Fed che, dopo 10 aumenti consecutivi, ha lasciato i Fed Funds invariati al 5.25%. Nel frattempo, anche i prezzi alla produzione sono scesi, un dato importante visto che nel recente passato non avevano mostrato questa tendenza ed è forse la principale ragione della decisione della Fed. In pratica c’è un calo della domanda ma l’economia regge, con il mercato del lavoro che rimane robusto.
Nelle dichiarazioni che hanno seguito la decisione della banca centrale, Jerome Powell non ha comunque escluso che in futuro ci potrebbe essere dei rialzi del costo del denaro. La BCE invece, nonostante l’Europa sia in recessione tecnica, ha alzato il costo del denaro, in ragione di un’inflazione che rimane più alta di quella Usa. E così i tassi sono saliti al 4% con un delta tasso che si è ridotto rispetto agli Usa all’1.25%, ed è questo probabilmente il principale motivo del recupero della moneta unica.
Il Giappone, infine, ha mantenuto i tassi invariati a -0.1% e ha lasciato invariata la fascia di oscillazione dei rendimenti dei titoli di stato allo 0.5%. Pur ricordando che l’inflazione rallenterà entro la fine del 2023, la Boj ha dichiarato che continuerà nell’allentamento monetario. La mossa di venerdì è in netto contrasto con quella della Bce e ha prodotto una decisa flessione dello yen. Questa settimana sarà la volta della Boe che è attesa ad un ulteriore rialzo dei tassi fino al 4.75%.
VALUTE
È stata una settimana interessante sul fronte valutario, caratterizzata essenzialmente dal ribasso del dollaro contro tutte le valute tranne che contro lo yen. Si tratta di una tipica fase di correlazione atipica risk on, con eccessi di euforia sui cross contro yen, in particolar modo EurJpy e GbpJpy, senza dimenticare AudJpy e NzdJpy.
EurJpy è salito a 155.20 con quasi 600 pips di guadagno nella settimana, pari al 4%, mentre GbpJpy ha guadagnato quasi 800 pips, circa il 4.5%. A trascinare al rialzo le due coppie è stata sia la debolezza dello yen ma anche la forza di EurUsd e del Cable. Ora che UsdJpy è tornato sopra 141.50 va prestata particolare attenzione alla BoJ che ha recentemente avvisato i mercati di essere pronta ad intervenire se lo yen si fosse svalutato troppo rapidamente. E non siamo lontanissimi dai livelli in cui la banca centrale giapponese intervenne lo scorso autunno.
Questa settimana attenzione alla sterlina, in particolare giovedì quando la Bank of England deciderà sui tassi. Ma non dimentichiamo che mercoledì, il giorno prima, sono attesi i dati sull’inflazione inglese, il cui consensus per il dato generale è per un leggero calo all’8.5% (dall’8.7% precedente) mentre il dato core è atteso invariato al 6.8%.
Numeri diversi dal consensus potrebbero anche modificare le aspettative relative alla decisione di giovedì, che per ora vede un aumento di 25 punti base al 4.75% e una BoE probabilmente ancora rialzista sui tassi. In settimana sono previsti l’indice Nahb del mercato immobiliare Usa e i permessi di costruzione. Ci sarà anche il dato relativo alla fiducia dei consumatori in Europa oltre ai PMI sulla produzione e servizi per UK, Francia, Germania, UE e Stati Uniti. Sarà una settimana tutta da vivere, ad alta volatilità ma con le cinture sempre allacciate.
Buona settimana e buon trading.
Saverio Berlinzani
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