La giornata di ieri ha visto i mercati azionari USA scendere in modo costante, con una price action che segue di fatto l’andamento degli altri asset, ovvero l’obbligazionario con i rendimenti ancora in salita, e un dollaro che non molla la presa. Wall Street ha fatto registrare una seduta in rosso, con il Dow Jones che ha perso l’1.14%, l’S&P l’1.47% e il Nasdaq l’1.57% con tutti i settori in ribasso.
A dire la verità i dati usciti di ieri, hanno evidenziato un rallentamento della congiuntura, a partire dalle vendite di nuove case, scese dell’8.7% a 675 mila abitazioni vendute contro stime di 700 mila. Si tratta della discesa più importante dell’ultimo anno, generata dall’impennata dei tassi ipotecari, dovuti ovviamente alla politica restrittiva della Fed.
È sceso anche il prezzo medio delle nuove case, a 430 mila dollari contro un prezzo medio precedente di 514 mila. Un mercato immobiliare che prosegue quindi nella sua costante discesa, ma va detto che la seduta di ieri ha anche visto la discesa della fiducia dei consumatori, scesa a 103 dal 106.1 precedente e dal 105.5 atteso. Dati americani che, secondo logica, avrebbero dovuto dare fiato all’azionario, che invece è sceso in concomitanza con un indice Vix che è risalito oltre i 18 punti, segno di un incremento del risk off.
Durerà? Tecnicamente i listini Usa sembrerebbero solo all’inizio di un ribasso maggiormente strutturale che potrebbe anche indurre la Fed a fermare finalmente la politica restrittiva, che forse comincia a mostrare segnali di rallentamento economico anche negli Usa. Nella notte i listini asiatici sono apparsi meno direzionali, con le borse di Australia, Giappone, e Corea del Sud in ribasso, mentre Hong Kong e Cina hanno visto l’equity in ripresa.
Tra i dati della sessione asiatica più rilevanti, segnaliamo l’inflazione in Australia, tornata a salire del 5.2% ad agosto, superiore rispetto al mese precedente (+4.9%) e in linea con il consensus. In Cina invece i profitti aziendali nell’industria hanno fatto registrare un calo dell’11.7% rispetto all’anno precedente, in un contesto caratterizzato da domanda interna ed estera inferiore alle attese. Per quel che riguarda il petrolio, segnaliamo la salita del Brent a ridosso di 95 e del Wti a 91.2, sempre in ragione della riduzione d’offerta mentre si va verso l’autunno inoltrato in cui si prevede un aumento della domanda. Il tutto in un quadro, comunque, di aumento delle riserve di greggio negli USA, che avrebbero dovuto rallentare la pressione rialzista dei prezzi.
VALUTE
La forza del dollaro schiaccia tutte le valute, anche il franco svizzero che, nell’ultimo mese ha perso oltre il 3%, al minimo degli ultimi sei mesi, con il UsdChf tornato a ridosso di 0.9200. La ragione è legata alle politiche monetarie divergenti tra Fed e SNB, con la seconda che ha lasciato invariati i tassi che, a leggere lo statement, potrebbero anche fermarsi ai livelli attuali. Il consiglio direttivo, infatti, ha dichiarato che l’inflazione dovrebbe restare sotto il 2.2% e i tassi hanno già smorzato la domanda e frenato la crescita.
Possibili target, in caso di rottura di 0.9220 30 area, anche parità. Sugli altri rapporti di cambio, EurUsd ormai a ridosso di 1.0540 mentre il Cable è vicino a 1.2130 40 con il UsdJpy che ci meraviglierebbe non rivedere in area 150.00 e andare a sfidare l’intervento possibile della BoJ. Per il momento non sembrano esserci ancora le condizioni di una inversione, anche se la presenza di eccessi su molti indicatori, lascerebbero pensare all’eventualità di qualche correzione che si rende necessaria.
Saverio Berlinzani
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